di Elena Righini
La pandemia in atto sta mettendo a dura prova il settore artistico-culturale, impedendo le consuete attività e forzando un’inevitabile evoluzione delle pratiche espressive e curatoriali. Fiere rimandate al 2021, case d’asta impegnate a creare cataloghi di online sales, mostre deserte, spostamenti impossibili. Il mondo dell’arte deve fare appello a tutta la sua capacità di adattamento per resistere alle pressioni delle recenti restrizioni e per mantenere vivo un pubblico impossibilitato nei movimenti. La geografia dell’arte si sta inevitabilmente limitando all’unico luogo che consente accesso ovunque e senza contatto fisico: il network digitale. Che siano Social Media, Blog, chiamate virtuali, o semplici ricerche su Google, gli strumenti di comunicazione in rete stanno diventando mezzi sicuri per perpetuare l’espressione artistica, sicuramente privandola di qualcosa, sicuramente arricchendola di qualcos’altro.
Gli studenti del corso di laurea magistrale Arts Museology and Curatorship dell’Università di Bologna hanno colto le limitazioni non come tali, ma come occasioni di sperimentazione e di approfondimento, decidendo di approfittare al meglio delle restrizioni, che pur limitando il tradizionale linguaggio delle istituzioni culturali, le proiettano verso il futuro. A novembre 2019 tre studenti del corso hanno iniziato a ragionare su un semplice concetto che coinvolge ogni persona in una rete globale: la trasmissione. Trasmissione intesa come passaggio di contenuti, come network che collega gli esseri umani sia a livello geografico sia temporale. Secondo Aristotele l’uomo è un animale sociale e fin dalla sua origine si è dedicato a creare legami che ne garantissero la sopravvivenza: fondamentale nel formare relazioni è sempre stata la comunicazione. Ancora più importante è stato riportare la propria esperienza ai discendenti, in modo che potessero progredire e migliorarsi sulla base delle esperienze precedenti. L’importanza di questo tipo di trasmissione non è diminuita oggi, ma è sicuramente cambiata: sono cambiati i media, le esigenze, i contenuti. La cultura non è statica, così come la trasmissione, che indica passaggio, cambiamento, evoluzione. Oggi la difficoltà non sembra risiedere nella comunicazione in sé, ma nella scelta di cosa e come trasmettere, nell’orientarsi tra una quantità immensa di contenuti, e selezionarli: cosa merita di essere riportato e come? Gli studenti infatti si sono chiesti cosa la nostra generazione trasmetterà a quella successiva, e in quale modo. Il primo passo è indagare sulla nostra stessa identità e da questa intenzione è nato il bisogno di concretizzare il concetto in una mostra che potesse raccontare ai visitatori diversi punti di vista sul tema, e provocarli a compiere le stesse riflessioni.
La mostra Trasmissione è nata quindi da un dubbio identitario, da una necessità di definizione e soprattutto dalla voglia di mettersi in gioco di 24 studenti, desiderosi di mettere in pratica gli anni di studio. I ragazzi hanno pubblicato una call for artists alla quale hanno risposto vari studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna con le loro idee e possibili progetti per Trasmissione. La crisi sanitaria che stiamo vivendo è stata una nuova provocazione, colta come un’occasione per un’altra prova: una mostra digitale. La digitalizzazione della mostra è stata una scelta obbligata ma non forzata, piuttosto dettata dal bisogno di utilizzare uno strumento contemporaneo per parlare di una questione contemporanea, di usare il più comune mezzo di comunicazione per parlare della comunicazione stessa. Il cambiamento radicale verso un progetto online ha sottoposto gli artisti ad una vera sfida. Infatti hanno dovuto usare tutte le competenze a loro disposizione: per alcuni è stata l’occasione di reinventarsi tramite abilità informatiche che non credevano di possedere.
Il risultato di questo percorso autogestito è stato possibile grazie alla collaborazione con Unibo, Culturit Bologna e UniLGBTQ, ma soprattutto grazie alla collaborazione tra coetanei e al concerto di menti, competenze, idee diverse. Vi invitiamo a visitare il nostro sito bilingue www.mostratrasmissione.it e lasciarvi provocare dal percorso multimediale dell’esposizione. Aurora Pozzi, Edoardo Sessa e Alex Dilio propongono un lavoro che riflette sulla composizione del nostro sguardo sul mondo, e su come è sempre influenzato dagli stimoli che ci circondano.
Claudio Valerio critica ed esalta il valore delle piattaforme social tramite @st_art.er, un profilo Instagram che provoca gli spettatori sul valore dell’arte. Anche Caps Lack riflette sul ruolo dei social, declinati nello storytelling del viaggio immaginario di un’adolescente che li usa per esprimere sé stessa. Francesco Re Li Calzi ha creato un profilo Facebook che documenta le sue azioni e le installazioni di Gratta&Vinci, simbolo della precarietà e della possibilità.
Francesco De Conno ci racconta della non-soluzione di un frustrante sito in perenne costruzione: non c’è risposta da trasmettere ai nostri successori, solo la consapevolezza delle domande sulla sovrastruttura che ci circonda. Massiel Leza affronta la crisi identitaria tramite una serie di filtri Instagram che posti sul viso creano un inquietante carnevale digitale.
La cultura culinaria è qualcosa che trasmettiamo da sempre, e secondo Carlo Junior Sanabria e Vanessa Wellington è occasione di sensibilizzazione e condivisione: la loro opera è corredata da testimonianze che ce lo raccontano. Dreamsaver è la playlist creata da Davide Allocca: un podcast che raccoglie i sogni dei visitatori, che restano disponibili come forma di intima trasmissione.
Il viaggio si sposta quindi da un medium all’altro, nel percorso dinamico che caratterizza la trasmissione contemporanea.
La spiegazione del cosa e del come artisti e curatori hanno voluto trasmettere invoglia, anzi, induce, a visitare la mostra “Trasmissione”. Provoca il lettore a diventare visitatore partecipe.