le rappresentazioni dei neri nell’età moderna

di Eirene Campagna

Le rappresentazioni dei neri nell’età moderna – Temi e questioni metodologiche, a cura di Chiara Savettieri, Carocci Editore, 2022

La zattera della medusa di Théodore Géricault e Portrait de négresse di Marie-Guillemine Beonist, esposti al Salon rispettivamente nel 1819 e nel 1800, ed oggi entrambi al Louvre, costituiscono i due casi più ambigui ed intriganti presentati nel volume intitolato Le rappresentazioni dei neri nell’età moderna. Temi e questioni metodologiche. Il caso di Théodore Géricalult, viene analizzato dallo storico dell’arte Bruno Chenique, il quale evidenzia come l’intera produzione dell’artista non possa essere compresa fino in fondo se non si tiene conto dei suoi orientamenti politici, completamente volti al progresso e all’abolizione della schiavitù. Questo aspetto scarsamente analizzato nel corso di decenni di studi, è una delle chiavi per comprendere il presente lavoro; così come il ritratto di nera di Guilhemine Benoist, rappresenta un caso di complicata interpretazione. L’opera viene sviscerata nel saggio di Chiara Savettieri, che scava nella profondità delle intenzioni di Benoist, cercando di orientare il lettore (spettatore del dipinto) verso un’interpretazione più aperta, priva di pregiudizi legati al sistema valoriale della società dell’epoca. In questo senso, possiamo dire che Chiara Savettieri ha perfettamente ragione quando afferma, nell’introduzione del volume da lei curato, che «In qualche modo ogni descrizione è una forma di manipolazione», chiamando in causa, fin dalle prime pagine della sua trattazione, la responsabilità etica degli storici dell’arte, i quali hanno più di tutti «la possibilità di modificare e ampliare la percezione collettiva della cultura e dell’arte dei secoli passati» nel dibattito del pensiero occidentale sull’argomento.

Lo spunto da cui parte la curatrice è appunto la constatazione del fatto che quando il famoso dipinto La Zattera della Medusa di Théodore Géricault venne esposto al Salon nel 1819, nessun critico d’arte del tempo fece riferimento alla presenza di un mulatto e di due uomini neri all’interno della composizione pittorica. Questo dato fa pensare non ad una semplice omissione o dimenticanza, ma ad una chiara volontà di non prendere in considerazione soggetti ritenuti di “razza inferiore”, mentre Chiara Savettieri ci fa notare come Géricault, in un dipinto di storia, decida di conferire «il ruolo di protagonista a un mulatto e inserire gente di colore», sottolineando come questo è da considerarsi «un atto rivoluzionario e radicale per la cultura francese dell’epoca».

Partendo da queste considerazioni, una delle prime domande che si pone la curatrice è in che modo la storia dell’arte si sia confrontata con la rappresentazione dei neri nell’arte occidentale, lanciando implicitamente una sollecitazione verso un tema sul quale di fatto c’è un vuoto editoriale e uno scarso interesse, dal momento che la storia dell’arte occidentale si è poco concentrata sul rapporto neri/arte nell’età moderna come tema autonomo, arrivando così ad un ulteriore interrogativo: chi è marginale nella società lo è necessariamente anche nella cultura e negli studi?

Da questi nodi cruciali prende avvio una serie di riflessioni che rimandano alla più complessa questione razziale, che a sua volta risale a tempi assai più lontani, e che implica un confronto più allargato con gli altri problemi connessi al razzismo, quali la tratta degli schiavi e le colonizzazioni da parte dei Paesi capitalisti.

L’originalità del presente lavoro sta nell’intreccio tra la storia della critica d’arte e la storia umana, laddove la prima affronta questioni sociali, politiche e culturali, essendo in grado di influenzare talvolta il pensiero nella costruzione delle coscienze collettive, e proprio riflettendo sulla narrazione della storia attraverso la critica d’arte, Chiara Savettieri specifica fin dalle prime pagine che «gli storici dell’arte dovrebbero ridurre al minimo il potere manipolatorio delle descrizioni, attraverso i correttivi che vengono dalle armi dello storicismo».

L’occasione per la pubblicazione del volume viene data dalla mancata realizzazione di una giornata di studi incentrata su due conferenze di Bruno Chenique, proprio sui neri di Géricault e sul significato politico della sua pittura. Il progetto, annullato a causa della pandemia, è stato successivamente ripensato in termini editoriali, e il volume pubblicato nel marzo del 2022 da Carocci.

Il lavoro, come afferma la stessa curatrice, ha tra i principali obiettivi quello di far riflettere su temi e problemi metodologici riguardanti la marginalizzazione che caratterizza gli studi sulla rappresentazione dei neri in età moderna all’interno delle ricerche storico-artistiche italiane, ma si propone di essere uno strumento di divulgazione per il pubblico italiano, specialista e non, per aprire altre possibilità di ricerca e di dibattito. Il volume, attraverso un taglio insolito, si avvale di alcuni contributi di studiosi dell’argomento, che animano il dibattito metodologico sul tema e che analizzano e ripercorrono i punti cruciali dei problemi connessi alla considerazione, da parte del pensiero occidentale, dell’inferiorità dei neri africani, per lungo tempo considerati oggetto di mercificazione per scopi utilitaristici e capitalistici. Tali contributi vengono sapientemente ricondotti al tema portante di tutta la pubblicazione, che insiste sull’importanza di una presa di coscienza e di una lettura maggiormente concentrata sulla revisione storica dei processi ideologici e collettivi. Questi hanno portato ad un’interpretazione parziale del passato da parte dei critici di arte moderna, con l’auspicio che una maggiore chiarezza e obiettività del loro intervento critico, conduca a una consapevolezza del presente più profonda perché storicamente fondata su una visione allargata e complessa.