Non credo che il «mondo dell’arte» cambierà dopo la pandemia

di Michele Dantini – michele.dantini@uniupo.it

Non credo che il «mondo dell’arte» cambierà dopo la pandemia, come taluni ritengono. Forse cambieremo noi, anzi è sperabile che cambieremo, scegliendo di non avere più tempo per le bagattelle. Avremo più attenzione per ciò che ha la capacità di imporsi e durare. Determinate tradizioni figurative torneranno a avvicinarsi, altre più recenti si eclisseranno. Una rigenerata familiarità con l’Antico può aiutarci a scegliere l’essenziale, sembra anzi guidarci con mano impercettibile nella giusta direzione. Astuzia o humour sono certo importanti in arte; ma non sono tutto. Ci sono interi ambiti di esperienza che si è creduto, sin dal secondo decennio del Novecento, di poter ignorare: ambiti che avevano a che fare con motivazioni o circostanze primarie della vita di ciascuno, come dolore, gloria, paura, furore, speranza o altro. Con l’inesplicabilità della vita stessa. Se c’è qualcosa che lascia insoddisfatti in gran parte dell’arte più recente e la rende meno necessaria – come non pensare qui a Duchamp e a tutto quel che ne segue – ebbene, questo è anche da cercare nella rimozione del limite e del mistero, che è cosa da adolescenti; nel rifiuto della vulnerabilità.

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I don’t think “art world” will change after the pandemic, as some believe. Maybe it will be us who will change, indeed one can hope we will change, choosing not to have more time for the baubles. We will have more attention for what has the ability to impose itself and last. Certain figurative traditions will come closer, others, more recent, will be eclipsed. A renewed familiarity with the Ancient can help us choose the perennial, indeed it seems to guide us with an imperceptible hand in the right direction. Malice or humor are certainly important in art; but this is not everything. There are entire spheres of experience with which, since the second decade of the twentieth century, we believed we could ignore it: spheres that had to do with motivations or primary circumstances, such as pain, glory, fright, hope or other. With the inexplicability of life itself. If there is something that leaves us unsatisfied with modernist orthodoxy and makes it maybe less necessary today – how not to think here of Duchamp and all that follows – well, this is also to be sought in some removal of the limit and the mystery when it attacks us; in an embarrassed, adolescent rejection of vulnerability and helplessness.

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