il giovane cavalcaselle

di Antonio Soldi

Giovanni Mazzaferro, Il giovane Cavalcaselle. «Il più curioso, il più intrepido, il più appassionato di tutti gli affamati di pittura» (prefazione di Donata Levi), Olschki, Firenze 2023

Cosa si nasconde dietro all’instancabile attività di un conoscitore d’arte come Giovanni Battista Cavalcaselle? Rispondere a questa domanda procedendo da una definizione rigida della pratica della connoisseurship può essere complesso e, forse, converrebbe insistere sull’intensa frequentazione delle opere d’arte: su quel corpo a corpo necessario allo sviluppo del riflesso condizionato che è il fondamento di questo sapere. Anche in base a queste difficoltà, ripercorrere la formazione di un conoscitore del calibro di Cavalcaselle, studiando il materiale privato che sta dietro alla produzione pubblica, può essere un’operazione stimolante e proficua. È questo l’obbiettivo che si è posto Giovanni Mazzaferro in Il giovane Cavalcaselle, attraverso un’accurata indagine dei materiali di lavoro dello studioso conservati alla Biblioteca Marciana di Venezia[1], in uno sforzo che rappresenta un’utile occasione per mettere in luce aspetti storico artistici e metodologici di primaria importanza.

Intanto, investigare la vita di un appassionato d’arte – di un uomo che ha forgiato la sua conoscenza nelle fatiche di interminabili viaggi[2] – offre una chiara testimonianza del clima in cui operavano appassionati d’arte attivi in Europa durante il XIX secolo, pionieri di una materia che si stava sviluppando con straordinario entusiasmo[3]. Come scrive Mazzaferro «la connoisseurship più elevata dell’Ottocento fu un fenomeno di conoscenze e collaborazioni internazionali […]. Per questo motivo Il giovane Cavalcaselle è un libro che prova a esplorare anche la ‘Repubblica dei conoscitori’ europei di metà Ottocento e le figure che più, con lo storico dell’arte, ebbero a che fare»[4]. In secondo luogo, esaminare attraverso gli appunti di Cavalcaselle il suo modus operandi può rivelarsi di grande utilità anche oggi, ora che da diversi anni la fotografia diffusa e Internet hanno stravolto la disciplina storicoartistica. Potrà sembrare strano ma si impara ancora molto dai metodi dai vecchi conoscitori, soprattutto rispetto a una meticolosità nell’osservazione che, oggi, è spesso diminuita dalla velocità imposta dai moderni sistemi tecnologici. In questo senso accenniamo a una peculiarità della connoisseurship, una qualità che ci spinge a valutare con molta attenzione anche le espressioni più remote di questa disciplina. Non c’è dubbio, infatti, che da vecchie e superate proposte di attribuzione si possono ottenere importanti informazioni. Il discorso potrebbe qua essere lungo: limitiamoci a dire che da una paternità, per quanto errata possa essere, capiamo qualcosa in più della cultura critica e figurativa del tempo; così come, talvolta, si possono ottenere indizi su un precedente stato di conservazione o, come spesso accadde, su dinamiche esogene all’opera d’arte (come logiche di collezione o scelte semi arbitrarie relative alla volontà di affermazione attraverso il possesso di determinati autori e non di altri). Infine, un libro come questo ha anche il merito non sottovalutabile di contribuire a una rivalutazione dell’attività del conoscitore che, soprattutto in certi ambiti, viene spesso trattata con il sospetto di chi ci vuole vedere soltanto gli aspetti più controversi e deteriori[5]. Tornare alle origini di questa disciplina può significare rivalutarne i suoi nobili intenti, certi che una buona classificazione sia il primo passo verso una solida conoscenza.

Come Mazzaferro non manca di ricordare, non sono state poche le difficoltà incontrate nel tentativo di districarsi nel gruppo delle carte di Cavalcaselle. Il materiale presente nel fondo è infatti estremamente eterogeneo, privo di un ordine cronologico e, molto spesso, inteso dallo storico dell’arte come un palinsesto, in cui i commenti scritti si intrecciano pur appartenendo a momenti diversi[6]. Inoltre, i disegni che fissano composizioni o dettagli dei dipinti non sono necessariamente relativi al primo incontro del conoscitore con l’opera[7]. Altre complicazioni riguardano la consapevolezza che i documenti pervenuti alla Marciana non rappresentino la totalità dei materiali di lavoro di Cavalcaselle: l’assenza di un numero imprecisato di appunti e la parzialità dell’epistolario conservato aumentano la difficoltà di ricostruire con precisione la strada percorsa dallo studioso[8]. L’arduo obbiettivo raggiunto da Mazzaferro – quello di fornire una panoramica della cultura visiva di Cavalcaselle quando lasciò l’Italia – trova una efficacissima espressione nel passaggio in cui descrive quanto sia importante osservare gli «scarti nelle calligrafie e l’uso dei differenti inchiostri, nonché la posizione del rimando all’interno della nota»[9]: insomma, anche l’autore ha dovuto in qualche misura condurre un’operazione di connoisseurship, avventurandosi in manoscritti, cronologie e collegamenti, alla scoperta dei misteriosi anni di formazione di un giovane e brillante appassionato d’arte. 

Bibliografia

G. Mazzaferro, Lo sguardo condiviso. Il viaggio di Giovan Battista Cavalcaselle e Charles Eastlake nel Centro Italia (settembre 1858), in “Studi di Memofonte”, 29 (2022), pp. 25-69. G. Mazzaferro, Il giovane Cavalcaselle. «Il più curioso, il più intrepido, il più appassionato di tutti gli affamati di pittura», (prefazione di Donata Levi), Firenze 2023


[1] La digitalizzazione del materiale di archivio è stata fondamentale per portare a termine la ricerca. L’archivio è consultabile al seguente link: https://fondocavalcaselle.bibliotecanazionalemarciana.it/   Mazzaferro 2023, p. XIII.

[2] Mazzaferro 2023, p. 35

[3] L’attività di conoscitore di Cavalcaselle si incrocia con il lavoro di importanti studiosi e appassionati d’arte. Oltre, naturalmente, al sodale Joseph Archer Crowe, ricordiamo qua anche Otto Mündler, Charles Lock Eastlake, Gustav Waagen, Johann David Passavant. Sul viaggio alla scoperta dell’Italia centrale intrapreso nel 1858 da Cavalcaselle ed Eastlake, si veda Mazzaferro 2022, pp. 25-69

[4] Mazzaferro 2023, p. XIV

[5] Nella prefazione al libro, Donata Levi ricorda come la pratica della connoisseurship durante gli anni Ottanta sia stata «sottoposta a un’ondata di critiche per il suo presunto approccio pseudo-positivista, legato allo sfruttamento capitalista dell’arte e alle strategie di acquisizione dei musei, considerati – seguendo le suggestioni foucaltiane – come istituzioni di potere». Questi pregiudizi sopravvivono e si riproducono in certi ambiti accademici. Ibidem 2023, p. V

[6] Ibidem, p. 3

[7] Ibidem, p. 3

[8] Ibidem, p. 4

[9] Ibidem, p. 6